Chiunque vuol montare un camino o un barbecue presso il confine deve osservare le distanze stabilite dai regolamenti comunali e, in mancanza, quelle necessarie a preservare il vicino di casa da ogni danno.
La predisposizione di un barbecue, da accendere sul terrazzo per le serate con gli amici, è un classico terreno di scontro tra condomini. Se da un lato fa parte del diritto di proprietà usare il balcone o il cortile esclusivo in piena libertà, dall’altro lato non bisogna con ciò creare disagi ai vicini di casa, specie quelli dei piani superiori. Non è solo un problema di fumi – per i quali il codice civile stabilisce che gli stessi non possono superare la «normale tollerabilità» – ma anche di distanze dal confine. I chiarimenti provengono da una recente sentenza della Cassazione. Ma procediamo con ordine e vediamo quali sono le distanze da rispettare per il barbecue.
Quando si parla di «confine» non si intende solo quello in senso orizzontale, tra proprietà poste l’una di fronte all’altra, ma anche in senso verticale, tra condomini dello stesso edificio le cui abitazioni si trovano su due piani diversi. Dunque, nel momento in cui il codice civile stabilisce delle distanze da rispettare queste si applicano anche tra chi vive al piano di sopra e chi invece vive al piano di sotto. A riguardo del barbecue entra in gioco una norma secondo cui, chi presso il confine vuole fabbricare forni o camini, per i quali può sorgere pericolo di danni, deve osservare le distanze stabilite dai regolamenti comunali e, in mancanza, quelle necessarie a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza. Non si può quindi applicare la norma che in materia di costruzioni richiede una distanza minima di 3 metri atteso che un barbecue non può considerarsi un’opera stabilmente ancorata al suolo. Tuttavia, nondimeno, il forno non deve essere così vicino da molestare il condomino del piano di sopra o il proprietario di casa che abita di fronte.
La prima cosa da fare, quindi, è verificare, presso il proprio Comune, se esistono dei regolamenti edilizi a imporre delle «distanze di sicurezza». Se l’ente locale ha previsto una normativa a riguardo sarà sufficiente attenersi a questa e, nello stesso tempo, evitare che i fumi diventino intollerabili, cosa che il codice civile richiede con una ulteriore norma. Questo significa evitare di “abbrustolire” quando c’è più vento o proprio a ridosso del confine, tanto da costringere il vicino a chiudere le finestre.
Anche il barbecue deve stare a distanze regolamentari
Un esempio riuscirà a chiarire meglio il principio espresso dalla giurisprudenza e, in particolare quali distanze bisogna rispettare per il barbecue.
Immaginiamo che il proprietario di un appartamento al primo piano di uno stabile si accorga che il vicino del piano terreno ha installato un barbecue il cui comignolo è a solo un metro di distanza dalla sua finestra. Nel timore che il fumo possa propagarsi in casa non appena il forno verrà messo in funzione, cita in giudizio il responsabile. Quest’ultimo però si difende sostenendo che il barbecue viene usato sporadicamente, non più di 30 minuti di seguito, e giusto il tempo – quelle poche volte all’anno in cui vengono invitati amici – di fare una “bella figura”. Non si tratta però di uno strumento che viene acceso quotidianamente e, quindi, tale da recare fastidio al vicino. Chi dei due ha ragione?
Secondo la Corte, è necessario spostare il barbecue tutte le volte in cui
– il regolamento comunale dispone una distanza minima e questa non viene rispettata;
– in assenza di norme locali, il barbecue, anche solo potenzialmente (ed a prescindere dalla situazione concreta), può comportare un pericolo di danni. La legge stabilisce una presunzione di pericolosità di forni e camini, presunzione che può essere superata solo dimostrando che non vi è alcun pericolo di «danno alla solidità, salubrità e sicurezza» altrui.
In altre parole, la presunzione di pericolosità del barbecue da superare, essendo di pericolo e non di danno, prescinde dall’accertamento in concreto del danno, «dovendo invece essere valutata in concreto la pericolosità del forno ancorché non attivo».
Pertanto, è irrilevante l’accertamento svolto con il forno in funzione essendo sufficiente la potenzialità dell’esalazione nociva o molesta. E, secondo la Cassazione, la distanza di un metro è troppo risicata.
C’è poi un altro aspetto da considerare: quand’anche il barbecue sia posto a distanza sufficiente dal confine, questo non deve comunque infastidire il vicino con fumi troppo forti e invadenti. Qui la norma da rispettare è un’altra: il codice civile stabilisce infatti che le immissioni di fumi e calore non devono superare la soglia della normale tollerabilità e questa – al contrario della distanza – va valutata caso per caso non solo sulla base dell’intensità dell’immissione stessa, ma anche della durata e della ripetizione con cui essa avviene. Come dire: si può perdonare il vicino che, una volta tanto, accende il barbecue e impuzzolisce il proprietario del piano di sopra, ma non più se questo comportamento si ripete spesso e costringe gli altri a stare sempre con le finestre chiuse.