Il termine “Bullismo” è ormai diventato di uso comune; si conosce e si utilizza anche frequentemente perché per fortuna se ne parla nelle scuole, nei contesti sportivi e religiosi, sul web, in tv, ecc., ma non sempre si conoscono tutte le sue caratteristiche e di conseguenza tanti episodi di bullismo non vengono ancora segnalati perché non vengono riconosciuti come tali. Ciò può accadere per esempio perché si hanno informazioni parziali o non del tutto corrette di questo fenomeno che ne rendono difficoltosa l’identificazione sia da parte dei ragazzi che delle figure di riferimento principali con cui trascorrono la maggior parte del tempo, insegnanti, familiari, formatori, ecc.
Analizziamone quindi i principali aspetti iniziando col dire che la parola “bullismo” deriva dall’inglese “bullyng” che interpreta in modo efficace quella situazione relazionale in cui, contemporaneamente, qualcuno prevarica e qualcun altro prevaricato, con prepotenze di vario tipo ed intensità (Montuori C.)
Secondo i maggiori studiosi del fenomeno un comportamento da bullo può essere definito un tipo d’azione che mira deliberatamente a far male o a danneggiare; spesso persistente, che talvolta può durare per settimane, mesi e persino anni ed è difficile difendersi per coloro che ne sono vittime. Alla base della maggior parte dei comportamenti sopraffattori c’è un abuso di potere e un desiderio di intimidire e dominare (Sharp S. e Smith K.P., 1994).
Pertanto intenzionalità, persistenza e disequilibrio sono, le caratteristiche essenziali che distinguono singoli episodi di violenza da normali situazioni conflittuali che di verificano nei gruppi. Se é sempre lo stesso a “perdere”, se le vessazioni avvengono senza motivi scatenanti e sono ripetute e continuative siamo di fronte a violenza che non necessariamente viene espressa in modo manifesto con atti di aggressione verbale (insultare, offendere, denigrare, ecc.) e/o fisica (prendere a calci, pugni il compagno ecc.), ma anche con azioni meno visibili, ma subdole come escludere un compagno, nascondergli o rubargli le cose, ecc. Dopo aver preso in esame le tipologie di prepotenze e la loro frequenza e intensità soffermiamoci su un altro importante aspetto del fenomeno: chi sono i protagonisti? Possono essere tre, il bullo/bulli, la vittima e il gruppo cioè gli spettatori: difatti capita sempre più spesso come viene evidenziato dai media e dai social che durante un episodio di bullismo vi sia un gruppo che assiste e non interviene, un meccanismo di passività che si mantiene a causa di diversi timori. Il punto cruciale è portare alla consapevolezza che restare passivi osservando soltanto non equivale ad essere neutrali ed esenti da ogni responsabilità, anzi la passività nell’azione é una scelta e come ogni scelta ha comunque degli effetti sulla situazione. Far riflettere sulla responsabilità della scelta può condurre ad incrementare le segnalazioni da parte dei ragazzi di episodi di violenza. Sensibilizzare i ragazzi sul peso della loro scelta, quindi anche quella di restare passivi in cui si gioca ugualmente un ruolo in quello che sta accadendo, favorisce una conoscenza più profonda del fenomeno, ovvero viene considerato da una prospettiva di responsabilità personale, punto di partenza per motivare ad un cambiamento dello stato di cose attuali.
Nel prossimo articolo vedremo quali possono essere le conseguenze del bullismo e in che modo possono essere aiutate le vittime.
Autore: Dott.ssa Maria Luisa Reale Psicologa Psicoterapeuta
Bullismo: un fenomeno da conoscere meglio
