Solo chi versa in stato di bisogno e non può provvedere a se stesso ha diritto agli alimenti.
Ma cosa sono gli alimenti?
Il diritto agli alimenti consente al soggetto che versa in stato di bisogno di vivere dignitosamente; in parole povere, gli alimenti servono a soddisfare le esigenze primarie di chi non riesce a provvedere a sé autonomamente. La prestazione, dunque, è collegabile direttamente agli obblighi di solidarietà nascenti da un’unione affettiva (ad esempio, il matrimonio), da vincolo parentale oppure contrattuale. Volendo trovare un referente normativo ancora più elevato, si può affermare che l’obbligazione alimentare si incardina nell’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà previsto dalla Costituzione.
Quanto detto ci consente di distinguere gli alimenti da un istituto affine ma diverso: il mantenimento. Il diritto al mantenimento ha una portata più ampia in quanto consente, a chi spetta, di preservare un determinato tenore di vita andando ben al di là dei semplici bisogni primari.
Normalmente, sia il mantenimento che gli alimenti vengono corrisposti sotto forma di prestazione economica (assegno); ciò non esclude, tuttavia, che l’obbligo possa essere soddisfatto diversamente, ad esempio ospitando in casa colui che versi in stato di bisogno.
Gli alimenti: da chi sono dovuti?
Soltanto determinati soggetti individuati dalla legge sono obbligati a versare gli alimenti; si tratta: del coniuge; dei figli, anche adottivi, e, in loro mancanza, dei discendenti prossimi; dei genitori e, in loro mancanza, degli ascendenti prossimi; degli adottanti; dei generi e delle nuore; dei suoceri; dei fratelli e delle sorelle. A questi individui vanno poi aggiunti i donatari nei confronti del donante e tutti coloro che si sono impegnati contrattualmente ad assistere terzi dietro compenso (si parla, in questo caso, di contratto di vitalizio alimentare).
Chi ne ha diritto?
Detto dei soggetti che, per legge o per volontà contrattuale, sono obbligati alla prestazione alimentare, passiamo all’altra faccia della medaglia: chi ha diritto agli alimenti? Perché si possa vantare il diritto in questione occorre un requisito fondamentale: lo stato di bisogno. L’alimentando (cioè colui che è titolare del diritto), infatti, deve necessariamente trovarsi in uno stato tale da non poter provvedere a sé stesso: in altre parole, egli deve essere privo dei basilari mezzi di sostentamento. Si ritiene che questa condizione ricorra ogni volta che una persona non sia in grado di provvedere al vitto, all’alloggio e alle cure mediche. Solo al verificarsi di questi requisiti si avrà diritto agli alimenti.
Qual è la misura degli alimenti?
La legge non fissa un importo minimo, né uno massimo. Il codice civile, però, fornisce il criterio di individuazione: gli alimenti devono essere assegnati in proporzione del bisogno di chi li domanda e delle condizioni economiche di chi deve somministrarli. La proporzione tra questi due elementi (lo stato di bisogno dell’alimentando e le condizioni economiche dell’alimentante) deve rimanere costante durante tutto il rapporto: se l’equilibrio dovesse venire meno, la legge consente di adire l’autorità giudiziaria per chiedere l’aumento, la riduzione o addirittura la cessazione degli alimenti. Per la donazione, invece, la misura è più precisa: il donatario non è tenuto che per il valore della donazione ancora esistente nel suo patrimonio.