Nell’articolo precedente abbiamo analizzato un po’ più da vicino l’emozione della rabbia, le sue manifestazioni psicofisiologiche e la sua funzione così come i luoghi comuni che la collettività ha su di essa e che non sempre corrispondono a idee del tutto corrette.In questo articolo, invece, ci occuperemo del controllo della rabbia e dei fattori che interferiscono con l’autocontrollo.
Uno studio effettuato nel 2016 ha evidenziato una relazione tra credenze sulle emozioni e strategie di regolazione emotiva (Trincas, Bilotta, Mancini, 2016); in altre parole, in base ai risultati di questo studio ciò che ognuno di noi pensa sulla rabbia influenza il modo in cui reagiamo quando proviamo questa emozione e quindi influenza anche il modo in cui la gestiamo. Il focus sull’aspetto valutativo delle reazioni emotive personali è importante: ad esempio se si pensa che la rabbia è un’emozione incontrollabile e irrazionale sarà automaticamente più difficile assumere una consapevolezza emotiva e di conseguenza sarà pure difficile mettere in atto adeguate strategie di controllo della rabbia.
Sempre lo stesso studio mette in evidenza che le strategie di regolazione emotiva sarebbero orientate da specifici scopi (Craver, Sheier, 1998), ovvero le persone regolano il proprio comportamento in funzione di precisi obiettivi e valori. Per fare un esempio concreto pensiamo a questa credenza: “la rabbia fa perdere il controllo di sé”: se è presente questo tipo di convinzione la persona potrà avere la tendenza ad evitare di arrabbiarsi oltre un certo limite per la paura, per l’appunto, di perdere il controllo di sé e commettere azioni dannose, dunque interviene anche la preoccupazione per le conseguenze negative delle proprie reazioni emotive. “Il giudizio riguardo ad una reazione emotiva o comportamentale può generare una sofferenza ancora maggiore” (Ellis (1986, De Silvestri (1990); ciò vale anche per altri stati emotivi come l’ansia, l’umore depresso etc.Da questo punto di vista specifiche tecniche cognitive possono risultare utili nel processo di autoregolazione delle emozioni e in questo caso specifico della rabbia per individuare e discriminare le azioni da compiere in risposta ad un’emozione intensa.
Un fondamentale passo da fare è la rettifica delle credenze erronee che creano dei limiti come le seguenti: la rabbia è un’emozione negativa, non è controllabile, coincide con l’aggressività, deve essere evitata perché dannosa e tutta una serie di altre convinzioni distorte che possono variare da persona a persona. La modifica dell’aspetto cognitivo avrà necessariamente delle ripercussioni positive sul piano emotivo e sul piano delle azioni; gradualmente la persona potrà sperimentare che, nonostante a volte risulti difficoltoso, è possibile gestire l’emozione della rabbia sovvertendo lo schema che ha sempre messo in atto precedentemente.Anche nei bambini, in cui la gestione degli stati emotivi intensi e in particolare della rabbia a volte risulta complessa, è possibile intervenire con un’educazione emotiva e cognitiva indagando anche sui pensieri che hanno e producono riguardo alle loro reazioni emotive incrementando convinzioni legate alla possibilità di poter controllare e canalizzare in maniera adeguata e sana anche gli stati d’animo più negativi. Questo non vuol dire che non ci si deve arrabbiare, anche perché risulterebbe impossibile, ma che non è utile farsi trasportare da essa in maniera impulsiva. E’ essenziale saper distinguere il provare la rabbia, dunque un’emozione anche intensa che non va soffocata, e compiere azioni sulla sua onda impulsiva che possono essere controproducenti e/o distruttive (che possono sfociare in aggressività): è possibile imparare ad interporre tra le due cose uno spazio, un tempo.
A qualunque età è possibile imparare a gestire la propria rabbia e a controllare l’impulsività ad essa strettamente collegata. Seneca diceva “Il miglior rimedio per la rabbia è l’indugio”.